Questa volta l’ho fatto apposta: per una volta ho trasgredito alla mia regola numero uno (mai acquistare qualcosa che qualcuno fa di tutto per farti acquistare), sono stata al gioco, ho finto di abboccare, mi sono messa nei panni di chi sa poco o niente di tecniche di persuasione più o meno occulte e ho accettato la provocazione editorial-commerciale in salsa medico-esistenziale.
Volevo verificare se si trattava dell’ennesima iniziativa “tutto fumo e niente arrosto” o se al di sotto di banalità e slogan “acchiappa lettori” un qualcosa di solido c’era.
In fondo, mi sono detta, Christian Boiron non è il primo idiota che passa per strada e almeno un’idea intelligente mi aspetto di trovarla.
Quindi? Qualche punto forte (che condivido), molte idee e progetti personali dell’autore sicuramente interessanti (ma che non condivido), qualche punto debole che mi fa dire: “Peccato!”.
Distinguerei la prima metà del libro dalla seconda.
È all’inizio infatti che Boiron descrive il suo metodo per essere felici che, per quanto più o meno condivisibile, è comunque solido e ben strutturato e si appoggia su basi scientifiche. Lui ci crede – e si sente – e tutto scorre liscio.
Utile anche l’impostazione generale: spiegazione teorica, esercizi (fattibili), specchietti riassuntivi chiari e sintetici alla fine di ogni capitolo e raccolti tutti insieme in un piccolo manuale in appendice.
Unico neo di questa prima parte alcune forzature teologiche: in un discorso scientifico e laico non mi aspetto di trovare riferimenti religiosi, indipendentemente dal fatto che io sia atea o credente. Questione di coerenza. Ma a parte questo direi interessante.
La seconda parte, invece, è a mio avviso un po’ troppo debole, sebbene alcune riflessioni siano comunque stimolanti.
In questa parte Boiron propone una visione più ampia, allargando il pensiero a tutti gli aspetti della società e delineando, a volte in modo quasi impositivo, un suo modello di “società ideale”. Ecco, questo idealismo spinto all’estremo, più filosofico che scientifico, mi ha lasciata perplessa: alcune idee le ho trovate eccessive, quasi al limite, e non riesco proprio ad abbracciarle, altre mi sembrano francamente un po’ troppo utopiche, quasi vaneggiamenti.
Non contesto il fatto che Boiron esprima una sua tesi ben precisa con convinzione e coraggio, quanto piuttosto il cambio di tono rispetto alla prima parte.
Penso comunque che sia una lettura se non indispensabile almeno consigliata, se non altro per poter discutere con spirito critico (e scientifico) un argomento che troppo spesso ci viene propinato come una panacea rosa pseudo New Age.
Christian Boiron, Siamo tutti fatti per essere felici, Sperling&Kupfer, 2011
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6 aprile 2011
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