Quando fare non è essere. Perché se sei, fai, ma se fai, non necessariamente sei.
Complicato? Forse un po’.
Rifaccio.
Fare lo scrittore, ossia fare “la persona che scrive”, non è sinonimo di essere uno scrittore, ossia essere “una persona che scrive”.
Niente filosofie, non temete. Vado subito al sodo. La pratica e il “fuoco sacro” (titolo di questa miniserie di post).
Ho deciso di cominciare con un’esperienza “presa a prestito”, ma lascio a voi scoprire il perché. Sicura che la straordinaria icasticità di Stephen King e del brano che ha dato voce alla mia riflessione faranno la loro parte. Eccolo.
Questo per me è essere. Se fai con gioia è perché sei. E te ne infischi se qualcuno dice il contrario, perché tu sai.
Se percepisci con ogni singola cellula che nel fare “quella cosa lì” stai realizzando te stesso, se facendola, o pensandola, o progettandola, il tempo vola senza che te ne renda conto, se ti dà serenità e ti diverti nel praticarla e magari all’improvviso scoppi a ridete di gusto, se non vedi l’ora di dedicarti a questa attività e ogni momento è buono, se riesci a sentire di essere nato per “quella cosa lì”, qualunque cosa sia, allora sei sulla strada giusta, quello è il tuo “talento". Non ignorarlo. Mai. Perché seguendo il tuo dono troverai te stesso.
A me succede quando scrivo. E quando cucino, monto mobili, cammino, medito o…
Alla prossima puntata per il seguito :)
27 febbraio 2011
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