17 febbraio 2008

Rispetto

  • Rispettare l'atto della scrittura
  • Rispettare la parola, che sia scritta o sonora
  • Rispettare chi ci legge, chi riceverà il frutto del nostro lavoro
  • Rispettare noi stessi: i nostri ritmi, i nostri difetti, i nostri valori
  • Rispettare gli altri: i loro ritmi, i loro difetti, i loro valori
  • Rispettare il nostro lavoro
  • Rispettare il lavoro di chi ti sta seduto accanto
  • Rispettare (non necessariamente accettare o condividere) le idee e le opinioni altrui
  • ...


  • Sembra che oggi si sia perso il significato più profondo della parola "rispetto". Nel migliore dei casi rimane un lemma inserito in un dizionario, da rispolverare al momento opportuno per scrivere i soliti effimeri e stereotipati articoli o da sfoggiare in società quando si vuole far colpo con le "signore bene".

    Ma nella vita di tutti i giorni, quando siamo impegnati, onestamente impegnati, a dare il meglio di noi stessi con generosità e dedizione per realizzare un progetto, quando ci sforziamo di rendere migliore anche il più trito e noioso degli argomenti, quando cerchiamo di stabilire un legame, seppur breve, con chi ci leggerà, quando andiamo a cercare le parole più giuste per creare quel contatto amichevole che renda meno freddo il prodotto che stiamo vendendo o l'iniziativa che ci tocca sponsorizzare, che dica a chi ci legge o chi ci ascolta: "non sei un numero"; nella nostra più schietta quotidianità, insomma, cosa ne è stato del rispetto?

    Il rispetto, quello vero; non certo la supina e opportunista "educazione" verso chi temiamo o ci serve per gli scopi più diversi, ma il riconoscere la dignità umana nella persona che ci sta di fronte, chiunque essa sia, anche la più lontana dal nostro pensare o dal nostro sentire. Rispettarla in quanto essere umano, evitando qualunque atteggiamento che potrebbe in qualche modo ferirla o metterla a disagio.

    Questo naturalmente senza accettare passivamente ognuno e ogni situazione, ma ponendo attenzione ai nostri gesti e alle nostre parole, riflettendo un istante su quanto ciò che per noi è normale, quasi banale, può causare in persone con sensibilità diverse sentimenti poco piacevoli. Pensare prima di agire, mettersi nei panni dell'altro, porsi il problema che magari quello che stiamo dicendo, se venisse detto a noi, tanto piacere non ci farebbe.

    L'attenzione per il proprio lavoro, per l'altro, che sia un collega o il nostro pubblico, parte prima di tutto dall'attenzione per noi stessi. La sensibilità e l'empatia necessaria per lavorare in un gruppo, la capacità di ascoltare i collaboratori, di motivare chi si è scoraggiato, non sono altro che la manifestazione del nostro atteggiamento interiore, del rispetto che abbiamo di noi.

    Per questo penso che in ufficio, dove più che in famiglia si hanno contatti con tante persone, il rispetto lo si debba in qualche modo costruire, partendo da noi stessi per arrivare agli altri.

    In tutti questi anni ho sperimentato che quello che conta di più è l'esempio. Un gesto coerente e sincero vale più di mille parole. Perché per agire ogni giorno con onestà e rispetto ci vuole coraggio e la forza che tanti bei discorsi sull'etica non hanno.

    2 commenti:

    Anonimo ha detto...

    Auguroni per il nuovo blog^^

    Océan ha detto...

    Grazie mille !! ;)