29 maggio 2011
Un libro, tante copertine: storia di chi non ce l'ha fatta
"The loser is...": storia a rovescio di una copertina.
Anzi, di molte, di quelle che sono state realizzate, ma poi scartate per un motivo o per l'altro durante la selezione editoriale.
Gironzolando in rete ho recuperato un articolo apparso qualche tempo fa su The New York Times intitolato "Book covers that got away" (tradotto qui). Su segnalazione di alcuni cover designer, l'articolo propone una gallery di copertine mai andate in stampa.
La versione italiana ci aiuta nel confronto aggiungendo anche le cover che invece ce l'hanno fatta ma che difficilmente troveremo sugli scaffali delle nostre librerie.
Ecco un esempio stuzzicante di cambio prospettico. Ottima idea quella di condividere con chi avrà tra le mani solo il prodotto finito il divertimento di scoprire e confrontare le fasi della produzione grafica!
Un piacere che si rinnova ogni volta per chi, come me, lo fa di mestiere e che ora anche altri possono provare.
L’appagamento del gioco creativo in sé, delle infinite modulazioni di uno stesso tema, la curiosità di sapere come la fantasia del grafico realizzerà l'idea. E se il gusto della sfida un po’ si perde, rimane intatta la soddisfazione mentale del confronto e della scoperta. E la consapevolezza che, in alcuni casi, la scelta finale non è stata la migliore.
Da approfondire.
17 maggio 2011
A proposito di comunicazione "semplice e comprensibile"
" 'Semplice e comprensibile' e basta in realtà vuol dire poco. 'Semplice' rispetto a cosa? 'Comprensibile' per chi?
La faccenda si complica subito.
La semplicità non è semplice da descrivere perché sembra derivare da un togliere il superfluo che però va definito rispetto a un necessario. Ma il necessario cambia secondo l'obiettivo e il contesto. [...]
E la comprensibilità è sempre relativa: all'argomento, al destinatario, alla sua condizione contingente, alle sue competenze.
Ci provo. Non sarà semplice. Farò di tutto perché risulti, almeno, comprensibile.
Un cacciavite è comprensibile e semplice paragonato a un trapano elettrico. O a un computer. Non lo è per Michele [un bimbo di 2 anni N.d.R.]. Il suo uso è comprensibile, ma non è semplice per un adulto a cui tremano le mani. O che indossa guanti da sci.
Ma un cacciavite non è né semplice né comprensibile, per esempio, in relazione alla necessità di aprire un tappo a corona di una bottiglia di acqua minerale, a quella di infilare un chiodo a espansione in un muro, a quella di scrivere dieci pagine di testo.
Un cacciavite con una serie di punte intercambiabili, adatto a qualsiasi tipo di vite, è meno semplice e comprensibile di un cacciavite normale. Però trasforma qualsiasi vite in qualcosa di semplice da avvitare.
Insomma, semplice e comprensibile, dipende."
Annamaria Testa, Farsi capire, RCS, 2000, pp. 190-191
Della serie: mai dare per scontato che quello che scriviamo sia comprensibile solo perché l'abbiamo scritto noi ;)
La faccenda si complica subito.
La semplicità non è semplice da descrivere perché sembra derivare da un togliere il superfluo che però va definito rispetto a un necessario. Ma il necessario cambia secondo l'obiettivo e il contesto. [...]
E la comprensibilità è sempre relativa: all'argomento, al destinatario, alla sua condizione contingente, alle sue competenze.
Ci provo. Non sarà semplice. Farò di tutto perché risulti, almeno, comprensibile.
Un cacciavite è comprensibile e semplice paragonato a un trapano elettrico. O a un computer. Non lo è per Michele [un bimbo di 2 anni N.d.R.]. Il suo uso è comprensibile, ma non è semplice per un adulto a cui tremano le mani. O che indossa guanti da sci.
Ma un cacciavite non è né semplice né comprensibile, per esempio, in relazione alla necessità di aprire un tappo a corona di una bottiglia di acqua minerale, a quella di infilare un chiodo a espansione in un muro, a quella di scrivere dieci pagine di testo.
Un cacciavite con una serie di punte intercambiabili, adatto a qualsiasi tipo di vite, è meno semplice e comprensibile di un cacciavite normale. Però trasforma qualsiasi vite in qualcosa di semplice da avvitare.
Insomma, semplice e comprensibile, dipende."
Annamaria Testa, Farsi capire, RCS, 2000, pp. 190-191
Della serie: mai dare per scontato che quello che scriviamo sia comprensibile solo perché l'abbiamo scritto noi ;)
Letteratura per l'infanzia e famiglie omogenitoriali
Si chiama Lo stampatello ed è la prima casa editrice per l'infanzia che "nasce per colmare un vuoto nell'editoria infantile, quello rappresentato dalle famiglie in cui i genitori sono due donne o due uomini che si amano".
Senza dimenticare tutte le altre tipologia di famiglia allargata.
Ottima idea!
Scopritela qui.
Senza dimenticare tutte le altre tipologia di famiglia allargata.
Ottima idea!
Scopritela qui.
16 maggio 2011
10 maggio 2011
Game design: giocare è una cosa seria!
"Il gioco, insomma, è il motore dell’evoluzione umana; Jane McGonigal pone spesso l’accento su come lo stato mentale della persona immersa nel mondo ludico sia più ottimista, concentrato e pronto alla sperimentazione rispetto alle altre attività quotidiane.
Chi gioca è più tollerante al fallimento, perché riesce a rielaborare in modo positivo i feedback che derivano dal non essere riusciti a portare a termine un compito, ma soprattutto riesce a mantenere un particolare tipo di stress positivo (eustress) perché genera quella concentrazione e quella spinta all’azione che molto spesso manca nelle attività di routine.
Uno stato mentale ideale per riuscire a completare con successo compiti anche molto complessi."
L'articolo completo di Federico Fasce su Apogeonline.
Chi gioca è più tollerante al fallimento, perché riesce a rielaborare in modo positivo i feedback che derivano dal non essere riusciti a portare a termine un compito, ma soprattutto riesce a mantenere un particolare tipo di stress positivo (eustress) perché genera quella concentrazione e quella spinta all’azione che molto spesso manca nelle attività di routine.
Uno stato mentale ideale per riuscire a completare con successo compiti anche molto complessi."
L'articolo completo di Federico Fasce su Apogeonline.
iPod, iPhone, iPad, iGoogle: egocentrismi 2.0?
Il bello della polisemia: il prefisso "i" (che ovviamente sta per "internet") inserito nel nome di alcuni dei gadget tecnologici e delle applicazioni più trendy si legge - in inglese - come il pronome personale di terza persona "io".
Guida turistica per chi ama libri e viaggi
Anna Albano, Milano città di libri. Guida alle librerie e ai librai indipendenti di Milano, NDA, 2010
L'ho scoperta oggi anche se ha ormai più di un anno. In attesa di acquistarla, vi copio la descrizione che ne dà Feltrinelli (il grassetto e la formattazione sono miei).
Buona gita!
"Una guida “diversa” per scoprire e vivere la città da un altro punto di vista. Un percorso nella parte più nascosta e creativa della capitale italiana dell’editoria. Un libro indispensabile, che mancava da anni, per tutti i curiosi, gli amanti dei viaggi, dei libri e di Milano.
Milano città di libri passa in rassegna le librerie indipendenti esistenti (stante la congiuntura storica, meglio sarebbe dire resistenti) a Milano e indaga sulle attività e i servizi che i loro proprietari inventano di giorno in giorno per stringere a sé i lettori.
La peculiarità del volume sta nel dare voce, alla fine di ogni scheda dedicata al negozio, alle persone che ci lavorano e che ogni giorno danno fondo alla loro creatività culturale e finanziaria per rimanere a galla in un settore, quello della vendita dei libri, particolare e unico nel panorama del commercio in Italia.
Nata nel corso di una serie di interviste a librai di Milano, pubblicate sul blog dell’autrice, nell’ambito del progetto Milano città di libri, la guida si è via via concretizzata sostanziandosi anche dell’entusiasmo mostrato dai protagonisti principali dell’indagine, i librai del capoluogo lombardo.
Completano l’elenco dei negozi della città il pensiero dei librai circa l’origine e il senso del loro mestiere e una mappa di Milano con l’indicazione delle librerie presenti nelle sue zone amministrative."
L'ho scoperta oggi anche se ha ormai più di un anno. In attesa di acquistarla, vi copio la descrizione che ne dà Feltrinelli (il grassetto e la formattazione sono miei).
Buona gita!
"Una guida “diversa” per scoprire e vivere la città da un altro punto di vista. Un percorso nella parte più nascosta e creativa della capitale italiana dell’editoria. Un libro indispensabile, che mancava da anni, per tutti i curiosi, gli amanti dei viaggi, dei libri e di Milano.
Milano città di libri passa in rassegna le librerie indipendenti esistenti (stante la congiuntura storica, meglio sarebbe dire resistenti) a Milano e indaga sulle attività e i servizi che i loro proprietari inventano di giorno in giorno per stringere a sé i lettori.
La peculiarità del volume sta nel dare voce, alla fine di ogni scheda dedicata al negozio, alle persone che ci lavorano e che ogni giorno danno fondo alla loro creatività culturale e finanziaria per rimanere a galla in un settore, quello della vendita dei libri, particolare e unico nel panorama del commercio in Italia.
Nata nel corso di una serie di interviste a librai di Milano, pubblicate sul blog dell’autrice, nell’ambito del progetto Milano città di libri, la guida si è via via concretizzata sostanziandosi anche dell’entusiasmo mostrato dai protagonisti principali dell’indagine, i librai del capoluogo lombardo.
Completano l’elenco dei negozi della città il pensiero dei librai circa l’origine e il senso del loro mestiere e una mappa di Milano con l’indicazione delle librerie presenti nelle sue zone amministrative."
4 maggio 2011
Disegnare ricette - parte 2. Torta allo yogurt
Dove vi racconto come non ho saputo resistere all'idea e mi sono cimentata anch'io con la mia personalissima ricetta visuale (che vedete in foto).
Siccome tra il "dire e il fare c'è di mezzo il mare" e se io non tocco con mano e non sperimento in prima persona non sono contenta, mi sono lanciata nell'impresa.
Ora, vabbe', che è dai tempi del liceo che non impiastriccio la mia Smemo con scritte multicolor - e 20 anni sono tanti! - e che sono quindi un tantino fuori allenamento, vabbe' che io i pastelli a cera non li reggo (ma mi sono dovuta accontentare in mancanza d'altro), vabbe' che sono anche un po' tastiera-dipendente e che per disegnare un vasetto di yogurt ci ho messo un'eternità, però lasciatemelo dire: "Che fatica!!".
Tra il tratto, il colore e tutto il resto mi è passata la serata!
Non sono sicura di essere soddisfatta del risultato, ma come prima volta non voglio nemmeno essere troppo severa con me stessa.
PS: la torta allo yogurt è una delle mie preferite.
Vi lascio la seconda parte della ricetta: prendete tutti gli ingredienti, mixateli nel frullatore, metteteli in una teglia precedentemente imburata, infornate a forno preriscaldato a 180 °C per circa mezz'ora.
Ricordatevi che l'unità di misura di tutti gli ingredienti è il vasetto di yogurt da 125 g.
Siccome tra il "dire e il fare c'è di mezzo il mare" e se io non tocco con mano e non sperimento in prima persona non sono contenta, mi sono lanciata nell'impresa.
Ora, vabbe', che è dai tempi del liceo che non impiastriccio la mia Smemo con scritte multicolor - e 20 anni sono tanti! - e che sono quindi un tantino fuori allenamento, vabbe' che io i pastelli a cera non li reggo (ma mi sono dovuta accontentare in mancanza d'altro), vabbe' che sono anche un po' tastiera-dipendente e che per disegnare un vasetto di yogurt ci ho messo un'eternità, però lasciatemelo dire: "Che fatica!!".
Tra il tratto, il colore e tutto il resto mi è passata la serata!
Non sono sicura di essere soddisfatta del risultato, ma come prima volta non voglio nemmeno essere troppo severa con me stessa.
PS: la torta allo yogurt è una delle mie preferite.
Vi lascio la seconda parte della ricetta: prendete tutti gli ingredienti, mixateli nel frullatore, metteteli in una teglia precedentemente imburata, infornate a forno preriscaldato a 180 °C per circa mezz'ora.
Ricordatevi che l'unità di misura di tutti gli ingredienti è il vasetto di yogurt da 125 g.
Disegnare... ricette
C'è chi le scrive ancora a mano, su un bel quaderno rilegato old style, e chi le scarabocchia su un foglietto, chi le linka su Facebook o chi le posta sul blog, chi se le guarda sul tablet o preferisce sfogliarle da un libro.
E c'è chi le disegna. Un pennarello nero per i contorni, matite o pastelli per colorare gli oggetti. E la "ricetta visuale" è pronta.
Non so se avrei il tempo o la pazienza per farlo, però è sicuramente un modo originale (e analogico) per rendere divertente anche "il prima".
Un cambio di prospettiva che sposta l'attenzione dal fine (la golosa pietanza) al mezzo (la ricetta), un modo per rendersi conto che una ricetta è un atto creativo ancora prima di essere realizzata.
E c'è chi le disegna. Un pennarello nero per i contorni, matite o pastelli per colorare gli oggetti. E la "ricetta visuale" è pronta.
Non so se avrei il tempo o la pazienza per farlo, però è sicuramente un modo originale (e analogico) per rendere divertente anche "il prima".
Un cambio di prospettiva che sposta l'attenzione dal fine (la golosa pietanza) al mezzo (la ricetta), un modo per rendersi conto che una ricetta è un atto creativo ancora prima di essere realizzata.
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