26 luglio 2013

Cambiare modello di business è prima di tutto trasformare il proprio approccio mentale


"Questo è il cuore della questione. Le persone hanno già smesso di comprare guide di viaggio – cartacee o meno – perché stanno trovando altri modi di venire incontro alle proprie esigenze.
E la risposta giusta – come fa notare Patokallio in un altro passaggio – non è pubblicare le stesse guide come ebook o come applicazioni.
È concepire un modello di business – e quindi di prodotto – con al centro le necessità e gli schemi di comportamento delle persone, non la necessità della casa editrice di preservare l’esistente, e dunque produrre, distribuire e vendere informazioni all’interno di un contenitore non più cartaceo, ma digitale".
(Ivan Rachieli, Viaggio allucinante)

Leggendo l'articolo, mi sono ricordata di quando, all'inizio dell'espansione di internet, alcune case editrici mettevano online le jpg del libro cartaceo o pubblicavano in rete l'identica copia cartacea digitalizzata, credendo così di aver realizzato un prodotto innovativo, tecnologico, digitale.
Avevo colleghi/e in casa editrice che consideravano Word come la versione elettronica di una macchina da scrivere. Non riuscivano a comprendere il prodotto che utlizzavano (anzi, che li "costringevano" a utilizzare - e questo è già di per sé significativo), le infinite possibilità che offriva, le differenza profonde di pensiero alla base del progetto (un prodotto è sempre prima di tutto un progetto).

Da qui la constatazione che, in molti di coloro che hanno la responsabilià di dirigere e far prosperare una casa editrice, manca ancora la comprensione profonda non tanto dei cambiamenti generali dello scenario editoriale, quanto piuttosto di quale radicale trasformazione mentale avvenga nelle persone attraverso l'uso di certi strumenti e, di conseguenza, nelle loro abitudini.
L'approccio mentale di tali dirigenti può anche non essere superficiale, nel migliore dei casi, ma sicuramente, spesso, è solo a livello razionale: nel più profondo sono persone dominate dalle loro "vecchie" abitudini.
Quello che critico non è il conservare un'abitudine, magari considerata superata, se è veramente efficace, ma la mancanza di consapevolezza dell'attaccamento ai propri schemi di pensiero, la cecità verso altre possibilità di raggiungimento di un obiettivo, la staticità che, se domina chi è a capo di un'azienda, porta inevitabilmente alla rovina.





9 luglio 2013


"Se non accadesse nulla, se nulla cambiasse, il tempo si fermerebbe.
Perché il tempo non è altro che cambiamento, ed è appunto il cambiamento che noi percepiamo, non il tempo.
Di fatto il tempo non esiste".
(Julian Barbour, La fine del tempo)